Sarà pure un’affermazione scontata, ma non si può negare che la maturità, nella vita come nell’arte, è spesso associata ad un ridimensionamento dell’istinto a favore di una più equilibrata e controllata ‘razionalità’. Tradotto in ambito rock, ciò significa maggiore spazio per una più raffinata ricerca melodica, piuttosto che rumore puro o fine a se stesso.
Nessuno si sarebbe mai aspettato nel repertorio dei One Dimensional Man una ballata ‘leggera’ e delicata come Mad at me, rappresentativa, se si vuole, della nuova ‘fase’ artistica dei One Dimensional Man, che sembra proseguire il percorso già timidamente intrapreso in alcuni episodi di You kill me (Gamma Pop, 2001). Non voglio dire, con questo, che la proposta musicale del terzetto veneto si sia ammorbidita, rinunciando al suo tipico impatto frontale. Tutt’altro: basta ascoltare noise-rock songs assolutamente travolgenti e devastanti come Whatever you want, 5 square yards, The 4th floor e la stessa title-track, in cui rivivono le elaborate e scomposte costruzioni sonore di gruppi come Shellac e Jesus Lizard. Tuttavia, appare evidente che nel complesso l’approccio dei One Dimensional Man è più studiato, meditato, privilegiando la ricerca di soluzioni melodiche più ‘canoniche’ rispetto al furore noise degli esordi. Il suono spigoloso e abrasivo, da sempre marchio di fabbrica della band veneta, è incanalato questa volta in una struttura musicale decisamente più ‘pop’ e, azzarderei dire, ‘orecchiabile’, come si evince dalla maggiore ‘accessibilità’ e fruibilità di brani quali Fool world (le cui tessiture chitarristiche rimandano al rock ipnotico dei Queens of the stone age), Tell me Marie, Only mistakes e la già nominata Mad at me.
Il disco, per l’esattezza il quarto dei One Dimensional Man, è il frutto della co-produzione di due etichette varesine, Ghost Records e Midfinger, e vede un cambiamento all’interno della line-up del gruppo: in luogo del precedente chitarrista Giulio Favero (qui in veste di produttore, ma anche di arrangiatore di alcuni brani), troviamo alla chitarra il giovanissimo e impeccabile Carlo Veneziano, che sembra conferire al lavoro un impatto più tradizionalmente ‘rock’ e meno ‘blues’, nonostante gli sperimentalismi rumoristi della conclusiva Big deal o il blues martoriato di Take me away. Un album, questo Take me away, che possiede tutte le potenzialità per conquistare un pubblico più ampio, e che costituisce un ulteriore passo avanti nella carriera dei One Dimensional Man, confermando, semmai ce ne fosse bisogno, la loro indiscutibile statura artistica.